“L’Assemblea dei soci di ieri, dove una sparuta minoranza, che peraltro non ha ancora saldato i conti con la Regione, dal momento che vi è un contenzioso aperto con l’ex ASI e uno attuale con l’Irsap, dimostra, ancora una volta, come sia necessaria una soluzione radicale del problema, in quanto si continua erroneamente a pensare che si possano utilizzare i beni della Regione Siciliana come se fossero beni privati”. Lo dichiara l’On. Vincenzo Vinciullo, Presidente della Commissione ‘Bilancio e Programmazione’ all’ARS.

“Così come dichiarato dal Direttore Generale, non riconfermato, dell’Irsap, l’IAS non può più avere in gestione i beni della Regione, in quanto i beni della Regione, cioè quelli dei cittadini siciliani, per essere gestiti devono andare in appalto e l’IAS non è mai andata in appalto ed in più è una società già scaduta. Spiace che, dopo un anno dall’entrata in vigore della legge regionale che ha posto a 3 il numero massimo dei componenti del Consiglio di Amministrazione delle società, a qualsiasi natura, partecipate dalla Regione, sia trascorso un anno per far diminuire i componenti del Consiglio di Amministrazione da 9 a 5, adottando, a quanto pare, i criteri della “Legge Madia” che in Sicilia non trova applicazione, in quanto la Regione Siciliana, sulla proprie partecipate, ha potere esclusivo e concorrente con lo Stato.

“Di conseguenza – ha continuato l’On. Vinciullo – non avendo voluto l’Irsap aumentare la propria presenza all’interno della società andando oltre l’80% della quota azionaria, l’Ias non può ottenere la gestione dei beni che appartengono alla Regione Siciliana, cioè il depuratore consortile.

L’unica soluzione legittimamente praticabile e l’unica soluzione corretta dal punto di vista amministrativo è quella che, a partire dall’01/01/2018, l’Irsap subentri all’Ias nella gestione del depuratore consortile, assuma il personale attualmente dipendente dall’Ias, in quanto la legge prevede il riassorbimento delle società partecipate a maggioranza da parte della Regione, e, finalmente, gli industriali paghino quello che è dovuto in fatto di depurazione delle acque, senza prezzi politici ma attenendosi a quelle che sono le tariffe pagate nel resto d’Italia e d’Europa.

Nessuno, meno che mai gli industriali, possono pensare di andare a casa altrui e dettare legge né tantomeno di utilizzare i beni dei siciliani a loro piacimento. E’ giunta l’ora – ha concluso il parlamentare – che la Regione Siciliana si riappropri dei propri beni, perché il rischio concreto che in questa vicenda qualcuno si possa fare male è dietro l’angolo “.

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