L’arcivescovo emerito monsignor Salvatore Pappalardo ha celebratoquesta mattina, su invito di monsignor Francesco Lomanto, la messa dell’ottava della festa del patrocinio di Santa Lucia. Dopo il messaggio di “bentornato” di Pucci Piccione, presidente della deputazione della cappella di Santa Lucia, ha ricordato l’importanza della contemplazione verso la Patrona, <<il cui simulacro è stato da poco restaurato perché risplenda ancor di più di luce e bellezza>>. Poi, durante l’omelia, ha accostato la figura di Santa Lucia a quella del giudice Rosario Livatino, beatificato ad Agrigento in una cerimonia alla quale ha partecipato anche il pastore della chiesa siracusana. Lo ha fatto prendendo spunto dal vangelo di Giovanni in cui Gesù propone un comandamento nuovo: “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato”. <<La santità ha il sapore della coerenza che non si piega – ha detto Pappalardo – Ce lo dimostrano Santa Lucia e il giudice Livaatino, a distanza di secoli uniti dalla stessa fede e dallo stesso amore nel Signore Gesù. Lucia donò i suoi beni a poveri, il giudice Livatino mostrò grande attenzione per la dignità delle persone. Esercitava la sua funzione con l’obiettivo non tanto di condannare, ma di far emergere la verità nel rispetto della dignità di ogni essere umano. Nel loro messaggio scritto per questa occasione, i vescovi di Sicilia evidenziano come la santità abbia il sapore della speranza che non si arrende. Mi piace – ha proseguito Pappalardo – questo accostamento tra Lucia e Rosario Livatino, anche lui ucciso in odio alla fede, perché cristiano oltre che magistrato. Entrambi, Lucia e Rosario, non si sono piegati di fronte alle minacce di chi voleva ucciderli. E’ proprio la coerenza della vita che ci rende credibili in quello che diciamo e che vogliamo testimoniare. La vita cristiana è credere e accogliere l’amore di Dio e testimoniare con le opere della nostra vita questo amore di Dio, che è la vita nuova che si realizza nella carità. La santità, che noi desideriamo e che contempliamo in Santa Lucia e nel giudice Livatino – ha concluso Pappalardo – è dare il sapore nuovo alla nostra vita, quel sapore della speranza che non si arrende, della coerenza che non si piega e dell’impegno costante che non si tira indietro. Noi cristiani che partecipiamo alla messa siamo chiamati nella vita di ogni giorno a mettere in pratica con gli atteggiamenti e le opere il nostro amore per il Signore>>.

Dopo la messa delle 19, le porte della cattedrale sono state chiuse ed il simulacro è stato riportato in cappella

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