Fissata per domani l’autopsia sul corpo di Naima Zahir, la 45enne, di origine marocchina, trovata senza vita in casa a Lentini. L’ha trovata il marito, riversa in una pozza di sangue, causata, probabilmente, da quel coltello da cucina conficcato nella gola della donna, usato o dalla stessa per uccidersi o dall’assassino per porre fine alla sua vita.

E’ quello che ha raccontato in queste ultime ore, in diretta TV, Massimo Cannone, marito di Naima ed unico indagato per la morte della moglie. Un racconto confuso, non lineare, quasi paradossale.

“Io l’ho detto alla polizia: o si è tolta la vita o qualcuno ha bussato ed entrato. Non lo so. Il coltello lo aveva dietro al collo, lei era sdraiata sul letto. Non abbiamo ricevuto minacce, la porta non era sfondata, il coltello è quello di casa nostra, ho provato a toglierlo per aiutarla. Non so cosa sia accaduto, mia moglie aveva dei problemi ma non so cosa sia accaduto. Ho coperto mia moglie con vestaglia mia”.

“Sono andato in tilt. Ho estratto il coltello dalla gola di mia moglie per cercare di aiutarla. L’ho scossa, poi ho preso il mocio e ho ripulito il pavimento dal sangue. Poi sono andato da mio fratello e abbiamo chiamato i soccorsi. Quando sono ritornato a casa, c’era la polizia che mi ha subito portato via”. Con queste parole, Massimo Cannone ha raccontato cosa è successo lo scorso sabato sera nella sua casa di Lentini.

Rai2 (@RaiDue) / Twitter

Secondo la sua versione, infatti, ribadita durante il lungo interrogatorio davanti al Pm Gaetano Bono che coordina le indagini, l’uomo sarebbe rientrato in casa avrebbe trovato la moglie con un coltello conficcato nel collo. A questo punto, “convinto che mia moglie fosse morta al 90% – come lo stesso ha dichiarato su Rai2 – prima di chiamare il 118, prima ancora di gridare aiuto e prima di avvisare le forze dell’ordine, ha pensato di togliere il coltello dal collo della moglie ed ha provato a pulire il sangue che aveva formato “una pozzanghera”.

Preoccupato per l’arrivo del figlio, l’uomo ha continuato a ripulire, compromettendo di fatto la scena del crimine.

Dall’esame autoptico gli investigatori si attendono elementi utili all’indagine. In primis per determinare le cause del decesso di Naima e stabilire se, sul corpo della vittima, ci sono lesioni o segni di una colluttazione. La tesi del suicidio, ipotesi sostenuta solo dal marito, non sembra convincere gli inquirenti.

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