Un italiano su quattro si sente povero, mentre una famiglia su due non riesce a far quadrare i conti e ad arrivare a fine mese. È il quadro delineato dal rapporto Italia 2017 dell’Eurispes. Permangono, dunque, sacche di disagio e difficoltà economiche. Solo una famiglia su quattro riesce a risparmiare e, affrontare le spese mediche, diventa un problema nel 25,6% dei casi. Solo il 12,1% afferma di non conoscere nessuno che si trovi in una condizione di indigenza.

ARRIVARE A FINE MESE – Il 48,3% delle famiglie non riesce ad arrivare alla fine del mese e il 44,9% per arrivarvi sono costrette a utilizzare i propri risparmi. Le rate del mutuo per la casa sono un problema nel 28,5% dei casi, mentre per il 42,1% di chi è in affitto lo è pagare il canone. Il 25,6% delle famiglie ha, inoltre, difficoltà a far fronte alle spese mediche. Molti hanno dovuto mettere in atto strategie anticrisi come tornare a casa dai genitori (13,8%), farsi aiutare da loro economicamente (32,6%) o nella cura dei figli per non dover pagare nidi privati o baby sitter (23%).

RISCHIO POVERTA’ – Circa una persona su quattro afferma di sentirsi abbastanza (21,2%) e molto (3%) povero. L’identikit di chi denuncia la propria povertà è il seguente: single (27,1%) o monogenitore (26,8%) che vive al Sud (33,6%) ed è cassintegrato (60%) o in cerca di nuova occupazione (58,8%). Alla domanda “Conosce direttamente persone che definirebbe povere?” il 34,6% degli italiani risponde alcune, il 20,1% risponde molte, il 33,2% risponde poche e solo il 12,1% nessuna.

COME SI DIVENTA POVERI – Si sprofonda nella povertà a causa della perdita del lavoro (76,7%), a seguito di una separazione o un divorzio (50,6%), a causa di una malattia propria o di un familiare (39,4%), della dipendenza dal gioco d’azzardo (38,7%) o della perdita di un componente della famiglia (38%).

Il 77,2% degli italiani conosce persone che non arrivano alla fine del mese; il 61,5% persone che devono chiedere costantemente aiuto a parenti e amici; il 49% che non possono permettersi un posto dove abitare; il 48,2% che non hanno i mezzi per far studiare i propri figli; il 41,9% che non possono permettersi di curarsi; il 41,3% che non possono mantenere i propri figli; il 39,3% che devono rivolgersi alla Caritas e il 25% che si sono rivolte a un usuraio per ottenere a somme altrimenti non reperibili.

TAGLI A CIO’ CHE E’ SUPERFLUO – Di conseguenze, è diminuita la capacità di spesa degli italiani. La metà (48,5%) cerca ormai di tagliare ciò che può contro il 51,5% che non ha perso potere d’acquisto. I tagli alle spese sono più alti per i consumi superflui, mentre il ricorso ai saldi è ormai un’abitudine consolidata (80%). 

DOVE SI COMPRA – Rispetto all’anno scorso si va meno nei discount (-6,2%). Si compra meno al mercato dell’usato (25,1%, -4,2%) e online (40,4%, -3,7%), mentre sembrano diffondersi formule di baratto tramite internet (17,8%). Aumentano i tagli sulle spese mediche (38,1%, +3,9%), sulla baby sitter (62,5%,+14,3%) si fa maggiore uso dei mezzi per risparmiare sulla benzina (47,4%, +8%).

COSA SI TAGLIA – Fa riflettere il dato su chi è stato costretto a tagliare le spese mediche (38,1%, +3,9%) insieme con il maggiore utilizzo dei mezzi pubblici per risparmiare sulla benzina (47,4%, +8%). I tagli hanno colpito anche le spese dedicate agli animali domestici (32,3%, +6,4%), alla baby sitter (62,5%, +14,3%), alla donna delle pulizie/domestici (43,7%, +6,5%). Nel 36,2% dei casi si riduce anche sulla spesa per badanti.

LE RICHIESTE DI PRESTITO – Il 28,7% delle famiglie ha avuto la necessità di chiedere un prestito bancario nel corso degli ultimi tre anni, ma nel 7,8% dei casi non lo ha ottenuto. Il motivo più frequente di richiesta del prestito è il mutuo per l’acquisto della casa (46,8%), a seguire la necessità di pagare debiti precedentemente accumulati (27,6%), il bisogno di saldare prestiti contratti con altre banche/finanziarie (17,9%), il dover affrontare spese per cerimonie (17,9%) e per cure mediche (10,9%). Infine il 2,2% ha chiesto un prestito per poter pagare le vacanze.

Difficoltà che trovano una rispondenza nella quota (il 41%, ma il 63% nel ceto popolare) di chi si sente parzialmente (33%) o totalmente (8%) escluso dalla società di oggi, pur non pregiudicando la prevalenza (56%, e 71% nel ceto medio) di chi, al contrario, si sente in buona misura o completamente incluso. Il sondaggio si è poi concentrato su alcuni aspetti particolarmente sensibili sul piano di possibili tensioni sociali. Ad iniziare dalla paura di perdere il posto di lavoro, espressa dal 44% degli intervistati (il 32% abbastanza, l’11% molto), che sale al 67% nel ceto popolare. Chiara, inoltre, la percezione, espressa dall’81% degli intervistati, di un incremento della povertà (che dal 18% è giudicato molto rilevante) nella propria città o nel proprio comune di residenza.

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