Si inaugura martedì 8 settembre alle ore 18,00 al Museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa la mostra Il Kouros ritrovato, voluta e curata da Sebastiano Tusa, prima della tragica scomparsa. Apre al pubblico il 9 settembre e sarà visitabile fino al 7 marzo 2021.
La “Testa apollinea” rinvenuta nel Settecento da Ignazio Paternò Castello principe di Biscari e appartenente al Museo di Castello Ursino, si ricongiunge con il torso acefalo di efebo acquisito nel 1904 da Paolo Orsi e appartenente al Museo Archeologico di Siracusa che porta il suo nome.
L’iniziativa è promossa dalla Regione Siciliana, dal Comune di Catania (Assessorato alle Attività e beni culturali) e
dalla Fondazione Sicilia, in collaborazione con l’Associazione LapiS. L’organizzazione e la produzione della mostra
sono di Civita Sicilia.
L’idea di ricongiungere il torso del Kouros di Lentini e la Testa Biscari, lanciata dal critico d’arte Vittorio Sgarbi e dal
Sindaco di Catania, si è concretizzata grazie al sostegno della Fondazione Sicilia che nel 2018 ha incaricato
Sebastiano Tusa del coordinamento tecnico-scientifico ed esecutivo.
L’opera, che poggia su un supporto espositivo realizzato dallo scultore palermitano Giacomo Rizzo, dopo il
restauro eseguito dalla ditta Siqilliya, è stata presentata per la prima volta l’11 novembre dello stesso anno a
Palermo nella Sala della Cavallerizza di Palazzo Branciforte, sede della Fondazione, e nel 2019 è stata esposta nelle
sale di Castello Ursino a Catania.
Sebastiano Tusa, prima della tragica scomparsa, ha mirato a restituire integrità alla statua, risolvendo la querelle che
per anni ha impegnato la comunità scientifica in supposizioni e ipotesi sull’effettiva pertinenza dei due reperti a
unica scultura di età arcaica.
“Con l’esposizione del Kouros, che resterà aperta fino al prossimo mese di marzo – dice Alberto Samonà, Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – rendiamo omaggio alla città di Siracusa e alla sua storia con un’iniziativa che celebra la bellezza al suo massimo livello. Il “Kouros ritrovato”, come ci piace definire la “nuova” statua, infatti – sottolinea Alberto Samonà – appare ai miei occhi come un esempio di kalòs kai agathòs giacchè simbolicamente unisce bello e buono: la bellezza di un unicum che mette un punto fermo a una storia fatta di discordanze, e la bontà che  invita idealmente noi siciliani a riflettere sulla necessità di superare gli individualismi per cercare sempre le ragioni che ci uniscono in vista di nuovi e più preziosi obiettivi”.
Determinante presupposto per l’iniziativa di ricongiungimento sono state le indagini petrografiche e geochimiche
promosse dall’associazione LapiS (Lapidei Siciliani) già nel 2011 e integrate nel 2019, grazie alle quali è possibile
affermare in maniera univoca che testa e collo del giovinetto sono parti della stessa opera scolpita in un blocco di
marmo, prelevato nell’isola greca di Paros.

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