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“Ho ricevuto frasi intimidatorie da parte del boss di Pachino Salvatore Giuliano e del figlio Gabriele”. Lo ha detto davanti ai giudici del Tribunale di Siracusa, il giornalista Paolo Borrometi, vicedirettore dell’ Agenzia Italia e direttore del quotidiano on line La Spia, nel corso della sua testimonianza relativa al processo che lo vede come vittima delle intimidazioni con l’aggravante del metodo mafioso da parte di Salvatore e Gabriele Giuliano, padre e figlio, indicati dai magistrati della Dda di Catania come esponenti di un gruppo criminale con base a Pachino legato al clan mafioso Trigila di Noto. La pubblica accusa contesta ad entrambi la tentata violenza privata e minacce di morte, aggravate dal metodo mafioso e dall’appartenenza al clan.
Salvatore e Gabriele Giuliano sono sono sotto processo in un’altra vicenda giudiziaria relativa alle estorsioni ai produttori agricoli di Pachino, sfociata nel maggio del 2019 in una operazione antimafia culminata con 19 arresti. I due imputati avrebbero pubblicato sul profilo Facebook del sito la spia, di cui il giornalista è direttore, e su quello personale della vittima, delle frasi minacciose in merito alla pubblicazione di una inchiesta giornalistica del 22 agosto del 2016 redatta da Paolo Borrometi e relativa agli affari della mafia nei comuni del Siracusano. Le frasi minacciose ai danni di Borrometi sarebbero state rivolte da Salvatore Giuliano, ieri collegato in video conferenza con un carcere della Sardegna dove è detenuto, in una nuova occasione, poco dopo la pubblicazione di un altro articolo ma sul sito articolo21.org firmato da Giuseppe Giulietti. Il vicedirettore dell’AGI, difeso dall’avvocato Vincenzo Ragazzi, si è costituito parte civile nel processo insieme al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, la Federazione nazionale della stampa italiana e l’Associazione siciliana della stampa. Presente stamane all’udienza il figlio del boss, Gabriele, imputato a piede libero.

FNSI E USIGRAI CON BORROMETI

”Questa mattina (ieri ndr ) Paolo Borrometi ha testimoniato nel processo per le minacce – aggravate dal metodo e dall’appartenenza mafiosa – ricevute dal boss Salvatore Giuliano e dal figlio Gabriele. Una delegazione della Fnsi, parte civile, e dell’Usigrai – guidata da Vittorio di Trapani – era presente in aula per dire a chi lo minaccia che Borrometi non è solo. Come solo non è e non sarà mai nessun cronista intimidito o minacciato. Borrometi ha fatto il suo dovere civico e civile di denunciare, noi il nostro di stargli affianco in difesa del diritto dei cittadini a essere informati, in difesa dell’articolo 21 della Costituzione”, lo scrivono in una nota congiunta Fnsi e Usigrai.

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