Nella ricorrenza dell’ottavo anniversario del tragico naufragio nel Mediterraneo, che causò la morte di oltre 1000 migranti, si è svolta a cura del Comitato 18 aprile di Augusta una breve cerimonia davanti al relitto del peschereccio collocato alla nuova darsena della città megarese. I presenti hanno deposto una corona di fiori e commemorato le vittime, gran parte delle quali sono ancora senza nome.

“Non è costruendo muri, recinti, campi di detenzione e centri di respingimento che si risolvono le migrazioni di massa ma eliminando la prepotenza, lo sfruttamento, la povertà e tutto ciò che determina fame e conflitti” ha detto il vice presidente del Comitato, Enzo Parisi.

Persone migranti che persero la vita, a largo della Libia, durante il viaggio della speranza in cerca di una vita migliore.

Il relitto del barcone da due anni si trova ad Augusta all’interno della Nuova Darsena.

Padre Giuseppe Mazzotta, parroco della chiesa di San Giuseppe Innografo, nonché componente del Comitato, ha dato lettura della preghiera dei migranti.

Tra i presenti: l’assessore alle Politiche sociali del Comune megarese, Ombretta Tringali e il capitano di vascello Michele Maltese, comandante della Capitaneria di porto di Augusta.  

Gran parte dei migranti morti in quella tragedia del mare sono ancora senza volto e senza nome.

Nel corso della cerimonia è stato evidenziato come siano insufficienti, inadeguate e inefficaci le misure che il nostro Paese, l’Europa e gli altri stati più ricchi e potenti prendono per gestire il fenomeno migratorio.

“Come già detto in altre occasioni – ha poi concluso Parisi – abbiamo fortemente voluto che il relitto del 18 aprile 2015 restasse ad Augusta non quale monumento triste e muto della più grande tragedia finora accaduta in Mediterraneo in questo secolo ma un monito verso l’indifferenza dei potenti, un pungolo, un testimone che parla, anzi grida a tutti noi di non lasciare affogare né le persone, né i diritti“.

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