Domani, 12 giugno, viene celebrata la “Giornata Mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile“, istituita nel 2002 da ILO (International Labour Organization) per porre l’attenzione sulla grande diffusione del lavoro minorile.

Si tratta di una giornata importante, che ha lo scopo di chiedere un rinnovato impegno per eliminare le peggiori forme di sfruttamento economico dei minori.

Sono 152 i milioni di vittime del lavoro minorile, secondo gli ultimi rilevamenti, e la metà di essi, ossia 74 milioni, sono coinvolti in lavori molto pericolosi, come il lavoro in miniera, a contatto con sostanze chimiche e pesticidi agricoli o con macchinari pericolosi.

Se vivessero tutti in un unico Paese, sarebbero il nono Stato più popoloso al mondo.

Chi è costretto in tenera età a sottoporsi a molte ore di lavoro manuale in condizione di scarsa igiene e con un’alimentazione povera, quasi sempre riporta a livello fisico o a livello psichico traumi di una certa entità.

Gli Stati dovrebbero collaborare per contenere il più possibile lo sfruttamento del lavoro minorile, come prevede l’art. 32 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) e la Convenzione n. 182 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) del 1999, perché costituisce una forte violazione dei diritti umani e va a incidere profondamente sul futuro di tanti cittadini del domani. In Italia gli artt. 37 e 34 della nostra Costituzione, la Legge 977 del 1967 e i successivi sviluppi legislativi in materia hanno cercato di regolamentare dal punto di vista normativo il fenomeno. Attualmente riveste un’iniziativa di notevole importanza quella prevista dall’obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite secondo cui “entro il 2025 nessun bambino dovrà più essere impiegato nelle forme di manovalanza più degradanti“.

“Se è vero che un simile termine, 2025, appare ottimistico e velleitario rispetto alla vastità dello sfruttamento minorile, costituisce, però – sostengono da ILO – un atto con cui molti Stati concordemente si accordano tramite un documento ufficiale e prendono un impegno reale rispetto a un dramma che è planetario e non può più essere ignorato. Un bambino a cui verrà negata la possibilità di giocare, studiare, esprimere sé stesso in piena libertà costituisce un danno irreparabile per l’umanità intera e una ferita che non potrà mai rimarginarsi, oltre ad essere uno spreco in termini di potenziale umano“.

L’Italia non è del tutto immune da questo problema. E non lo è stato per niente nel nostro recente passato. Lo sapeva bene Giovanni Verga che, attraverso Rosso Malpelo, denunciò la povertà e lo sfruttamento minorile negli anni in cui il Regno d’Italia si era da poco formato. Lo sapeva bene lo scrittore verista che con le sue inchieste sui “carusi siciliani” diede voce ai bambini sfruttati nelle zolfare, costretti a lavorare nelle miniere per pochi picciuli. E non erano gli anni di quel Medioevo, lontanissimo da noi, erano gli anni in cui si stava per tagliare il traguardo del Novecento. Appena ieri nel nostro Paese, era così.

Ed oggi? L’ossimoro bambini-lavoratori lo associamo solo alla novella e all’inchiesta verghiana o trova ancora riscontro nel reale? Purtroppo, attualmente, sarebbero circa 340 mila i minori sotto i sedici anni costretti a lavorare in Italia, spesso ai limiti dello sfruttamento. Inoltre, data la particolare fascia d’età, ciò comporta l’allarmante fenomeno della dispersione scolastica. Secondo Save the Children l’Italia presenta un tasso di dispersione scolastica, 18,2%, che è tra i più elevati d’Europa.
“Pertanto, dalla giornata celebrativa del 12 giugno DEVE giungere a tutti l’urgenza di porre fine alla schiavitù minorile“ – conclude ILO.

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