Un combattente di razza, magari incostante e insofferente dei rigori della disciplina in campo e fuori (per sua stessa ammissione) ma generoso come pochi altri. Un uomo che le sue partite, anche nella vita, è stato abituato a giocarsele in prima persona, a viso aperto. Pure l’ultima, quella che nel volgere di poco meno di un anno lo ha progressivamente e inevitabilmente atterrato.

Pinello Golino, uno dei volti più conosciuti del calcio siracusano, protagonista in campo tra la seconda metà degli anni sessanta e gli anni settanta con le casacche di diverse formazioni della provincia – e non solo – stamane ci ha lasciati all’età di 75 anni. Una vita, la sua praticamente da predestinato, da sempre scandita dalla passione per il pallone.

Il papà, Sebastiano Golino, Januzzo per tutti, infatti, è stato per decenni il custode dello stadio “Vittorio Emanuele III” con l’abitazione di famiglia collocata proprio all’interno dell’impianto sportivo. Insomma, a Pinello e ai suoi fratelli – il talentuoso gemello Umberto ed Angelo, valente portiere – per vedere all’opera atleti come Ciano Cavaleri o Rocco Testa era stato sufficiente aprire una finestra o mettere appena il naso fuori di casa.

Una vita dalla nascita, insomma, a pane & pallone. Il suo carattere naturalmente irruento, il suo lanciarsi nella mischia senza alcun timore di poterle prendere ma con la chiara consapevolezza di riuscire comunque a darle, sono state la cifra distintiva di un uomo che ad appena sedici anni, assieme al fratello gemello Umberto, aveva anche assaporato il clima della grande Inter di Helenio Herrera e di un giovanissimo ds, Italo Allodi. Una “passionaccia” la sua per i colori nerazzurri rimasta intatta nel tempo anche se a quel bivio ai piedi della Madunina a metà anni sessanta la sua vita calcistica prese una direzione diversa da quella che immaginava e sperava. La voglia di far cassa dell’allora dirigenza del Siracusa, che aveva inviato i due ragazzi più che promettenti in prova a Milano sponda Inter, risultò fatale e Umberto e Pinello dovettero, loro malgrado, rimettere i loro sogni in valigia e rientrare a Siracusa.

Pinello negli anni settanta, fresco di occupazione nella zona industriale, si rese conto che il calcio non poteva rappresentare più la priorità in una giornata scandita adesso dal lavoro. Ma la passione per quel pallone che inseguiva sul manto verde e prima ancora sui polverosi e durissimi campi in terra battuta, non l’ha mai abbandonata. Una passione genuina, sanguigna, che ha riempito gran parte della sua vita assieme agli affetti familiari a lui più cari, a cominciare dalla moglie Teresa e dalle figlie Ingrid e Chantal.

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