È tornata “La partita con mamma e papà”, l’atteso incontro tra genitori o genitrici detenuti e i loro figli, dopo due anni di sospensione a causa della pandemia. L’iniziativa è organizzata da Bambini senza sbarre onlus, in collaborazione con il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. “Mantenere e rafforzare il legame tra figli e genitori detenuti perché i diritti dei grandi iniziano dai diritti dei bambini“. È questa la scritta utilizzata sulle magliette utilizzate per La partita con mamma e papà. Ad aderire alla settima edizione dell’evento, in Sicilia, sono state dieci carceri, il numero più alto rispetto a tutte le altre regioni italiane.

Già stamane, 12 giugno, si scende in campo nel carcere di Messina; il 14 giugno toccherà poi alle squadre di Barcellona Pozzo di Gotto. Nel carcere di piazza Lanza a Catania l’appuntamento è alle 15 di mercoledì 21 giugno; mentre nel carcere Pagliarelli Lo Russo di Palermo la partita sarà giocata alle 17.30 di martedì 27 giugno; stesso giorno per l’appuntamento nel carcere di Enna. Giovedì 29 giugno a giocare insieme ai loro figli saranno i detenuti del carcere di Caltagirone. Appuntamenti anche a luglio, mercoledì 5 a Piazza Armerina e mercoledì 12 a Ragusa. Hanno aderito all’iniziativa anche gli istituti penitenziari di Giarre e di Noto.

“Tutto è nato – spiega la presidente Sacerdote in una intervista al quotidiano Meridionews – da una frase che abbiamo sentito pronunciare da un figlio di un detenuto durante un colloquio: “Papà, quando uscirai da qui, la prima cosa che voglio fare è una partita a calcio insieme“. Di fronte a quelle parole, abbiamo pensato che non fosse necessario aspettare. Così, con la Partita con mamma e papà, la normalità entra in carcere attraverso i bambini“.

«Si pensa ancora troppo poco alle ricadute sociali, relazionali e psicologiche devastanti che sono costretti a vivere i bambini che hanno uno o entrambi i genitori in carcere – analizza la presidente di Bambini senza sbarre – Un momento come questo, invece, riesce a dare loro anche una visione diversa del carcere». La prima richiesta dell’associazione al Dap era stata che i bambini potessero assistere a una partita di calcio tra i genitori detenuti.

“Sin da subito, però, abbiamo raccolto la loro voglia di scendere in campo e giocare insieme al papà o alla mamma“, ricorda Sacerdote adesso che di anni ne sono passati e il progetto è approdato anche in Europa.

“Non bastano i colloqui regolari per mantenere una relazione genitore-figlio perché in quei casi – sottolinea – ci sono sempre le tante regole dettate dalla burocrazia in mezzo. Durante la partita, invece, il nucleo si riunisce in un momento familiare e si punta anche a fare squadra“.

“Di certo senza sbarre, i bambini figli di genitori detenuti sono, però, ancora spesso vittime di pregiudizi quando non addirittura emarginati. Per questo – conclude la presidente – l’obiettivo dell’associazione è il «mantenimento del legame tra bambino e genitore detenuto» che è un diritto sancito dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza“.

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