Era stato arrestato nell’aprile del 2016, nell’operazione Walking cards, con l’accusa di essere il promotore di un’associazione a delinquere che clonava carte di credito. Adesso per Luciano Di Nicola, siracusano di 58 anni con alle spalle un lungo elenco di precedenti per diversi reati, è scattato il sequestro di un patrimonio stimato per difetto in un milione e mezzo di euro. Si tratta di case, terreni, auto e moto, attività commerciali, società operanti in diversi settori e rapporti finanziari intestati a lui, alla moglie, ai loro quattro figli e alla madre dell’imprenditore.

È stata la Guardia di finanza a eseguire la misura di prevenzione patrimoniale, sulla base della sproporzione tra i redditi dichiarati da Di Nicola, le attività economiche a lui riconducibili e il suo tenore di vita. Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale di Siracusa a seguito di specifica richiesta avanzata dalla procuratore capo Francesco Paolo Giordano e del sostituto Davide Lucignani.

Tra i beni finiti nel mirino delle Fiamme gialle c’è un ristorante a Noto, Il Giglio, di cui sono state sequestrate le quote societarie intestate a Loredana Franza, la moglie del 58enne. Sigilli anche alle società Gold music eventi, che organizza soprattutto concerti neomelodici, anche all’estero; alla Sir Box 2000 che fabbrica ondulati e imballaggi di carta e cartone; alla sala scommesse Campione d’Italia a Siracusa, intestata al figlio Stefano Di Nicola. Sequestrate anche quote societarie di una casa di riposo in via Agati a Siracusa, un’impresa di onoranze funebri sempre nel capoluogo, un appartamento, un terreno da 1.200 metri quadri e una quindicina tra auto e moto. Oltre ai familiari più stretti, conviventi con Luciano Di Nicola, alcune società erano intestate alla nuore: nello specifico, la moglie e la convivente di due figli.

Il 58enne era stato scarcerato da poco, ma la Procura lo ritiene uomo «di spiccata ed attuale pericolosità sociale». «Al termine dell’attività – sottolineano i Finanzieri – è emerso che, in correlazione temporale rispetto al periodo in cui il soggetto siracusano ha commesso i reati per i quali è stato condannato in via definitiva, si è verificato un rilevante incremento patrimoniale e che sussisteva netta sproporzione fra il valore dei beni acquisiti e quanto dichiarato ai fini delle imposte, ed all’attività economica esercitata».

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